
Come rappresentante degli Enti territoriali nel Consiglio direttivo, quali saranno i principali aspetti su cui lavorerà ALISEI nel prossimo anno?
Penso che l’iniziativa più importante su cui ALISEI lavorerà, non soltanto l’anno prossimo ma nel prossimo quinquennio, sia la progettazione esecutiva e l’avvio a realizzazione di una rete nazionale per il trasferimento tecnologico (TT) per favorire, come sistema-paese, i processi di valorizzazione dei trovati della ricerca e la creazione e lo sviluppo di nuove imprese nel settore delle Life Sciences. In coerenza con il nostro Piano Operativo, vogliamo mettere a sistema, in una rete integrata, le strutture di TT già esistenti, spesso incredibilmente sottodimensionate rispetto a quanto necessario, e sviluppare un intervento di potenziamento e coordinamento, valorizzando al massimo il ruolo di ALISEI quale aggregazione pubblico-privata rappresentativa di tutti gli stakeholder nazionali e territoriali (associazioni industriali, Enti Pubblici di Ricerca, distretti regionali ed enti territoriali). Vogliamo che la rete operi, fin da subito, a supporto sia del sistema della ricerca pubblica sia del sistema sanitario nazionale e che si superi l’attuale frammentarietà delle iniziative ed i tradizionali localismi che frenano il Paese. La Rete avrà il compito di identificare le innovazioni generate dal sistema della ricerca italiano, promuoverne la valorizzazione attraverso gli strumenti più opportuni, quali la protezione della proprietà intellettuale e la ricerca di finanziamenti per lo sviluppo di proof of concept (PoC) che abilitino la possibilità di generare nuova impresa o di essere licenziati a privati, il tutto in collaborazione sinergica con le Associazioni Industriali, il sistema delle imprese, le Università, gli Enti ed i Centri di ricerca, i cluster territoriali e tutti gli altri attori coinvolti nel trasferimento tecnologico.
Una rete, come quella che stiamo progettando, prevede la realizzazione di più nodi locali, di dimensione almeno regionale, su tutto il territorio nazionale, ciascuno dotato di risorse umane, specificatamente formate ed assegnate, ed il pieno coinvolgimento di tutti gli Associati di ALISEI (in primis gli Enti territoriali che rappresento), che dovranno operare in un’ottica effettiva integrazione. La rete sarà coordinata da un hub principale (o “cabina di regia”) che dovrà supportare e integrare le attività dei nodi locali attraverso la condivisione di strumenti, risorse, competenze, contatti e iniziative di promozione dell’offerta tecnologica.
Riteniamo che la rete potrà avere anche un importante ruolo nello scouting di nuove iniziative/progetti di potenziale interesse per il mercato e nell’attivazione di percorsi di accompagnamento alla crescita di start-up e spin-off accademici, in sinergia con il nuovo Fondo per il Trasferimento Tecnologico istituito con l’art. 42 del Decreto Rilancio (500 milioni di stanziamento per il 2020) e la costituenda Fondazione ENEA Tech ed il futuro Centro per l’innovazione e il trasferimento tecnologico nel campo delle scienze della vita localizzato in Lombardia, previsto dall’art. 49-bis del Decreto Rilancio.
Pensiamo che questa nostra iniziativa abbia tutte le caratteristiche per poter entrare nel nuovo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, in fase di elaborazione da parte del Governo italiano, nell’ambito della Next Generation Europe e possa far fare un salto di qualità importante non soltanto al nostro settore ma anche all’intero sistema Paese.
Il Distretto Tecnologico Campania Bioscience rappresenta uno degli aggregatori più importanti del Sud Italia. Quali sono i vostri punti di forza e quali i temi principali in cui il Distretto sta operando?
Uno dei principali punti di forza del Distretto Campania Bioscience è la sua massa critica e l’alta rappresentatività del sistema della ricerca ed industriale campano. L’ampia compagine sociale, costituita attualmente da 60 soci – di cui 7 organismi di ricerca e ben 53 imprese – ed i numerosi Progetti di Ricerca attualmente in via di realizzazione, per un ammontare complessivo che supera i 100 milioni di euro, fanno del Distretto un importante player dell’ecosistema dell’innovazione non soltanto regionale. Il nostro successo si basa sulla capacità di supportare la crescita delle imprese socie e partner, fornendo servizi di fund raising, di supporto allo sviluppo del business e alla realizzazione di progetti di ricerca industriale, in un’ottica di valorizzazione dei trovati della ricerca, di integrazione e networking.
Le tre principali aree strategiche in cui Campania Bioscience ha, negli ultimi anni, catalizzato le eccellenze regionali nell’ambito delle Life Sciences per la realizzazione di grandi progetti di ricerca industriale sono lo sviluppo di terapie innovative per patologie oncologiche, con particolare riferimento alle immunoterapie, lo sviluppo di strumenti diagnostici innovativi per l’identificazione del rischio e la diagnosi precoce del diabete di tipo 2 ed, infine, la lotta alle malattie rare.
Per quanto riguarda la lotta alle patologie oncologiche il Distretto ha promosso, con il supporto della Regione Campania, la creazione di una Piattaforma Tecnologica (denominata SATIN) che vede lavorare insieme ricercatori pubblici, piccole e medie imprese, gruppi industriali di importanza nazionale e internazionale – quali la Dompé Farmaceutici, Reithera, Nouscom, Neuromed, Engineering – sullo sviluppo di immunoterapie per il trattamento di neoplasie farmaco-resistenti.
Sul fronte della diagnosi del Diabete, in un contesto caratterizzato da circa 350 milioni di malati, un raddoppio negli ultimi vent’anni del tasso globale di mortalità per diabete ed una previsione di un’ulteriore significativa crescita fino al 2030 (dati OMS), il Distretto ha ritenuto opportuno raccogliere la sfida lanciata a livello a livello europeo sulla prevenzione ed il trattamento del diabete di tipo 2, mettendo a punto un’azione sinergica tra settore pubblico e privato per lo sviluppo di strumenti diagnostici innovativi per l’identificazione del rischio e la diagnosi precoce di diabete ed integrando le specifiche competenze di alcuni soci (quali il CNR, l’Università della Campania Vanvitelli, il Gruppo SCAI) con quelle di altre importanti realtà nazionali pubbliche e private, in possesso di un’ampia esperienza nel campo della progettazione, sviluppo e validazione di strumenti diagnostici e biomedicali. Anche in questo caso, grazie anche al supporto del MIUR, le regioni del Mezzogiorno, Campania, Puglia e Sicilia, saranno, con il coordinamento del Distretto, il laboratorio per la progettazione e sviluppo di un device innovativo dedicato al diabete, diventando lo scenario per contaminazioni di idee, investimenti produttivi e iniziative di trasferimento tecnologico.
L’impegno nella lotta alle malattie rare, infine, ha consolidato una proficua collaborazione con Genopole – il primo bioparco francese dedicato alla ricerca genetica, genomica e post genomica e alle biotecnologie – che si è concretizzata nell’approvazione da parte dell’UE del progetto Gen.era che vedrà protagonisti il Distretto con Genopole e altri tre cluster europei nello sforzo di ampliare il potenziale delle aziende che operano nella catena del valore della genomica, sostenendo collettivamente l’accesso a nuovi mercati terzi.
Il COVID ha evidenziato l’importanza della ricerca scientifica e del trasferimento tecnologico nell’ambito delle life science. Ritiene che ciò potrà portare a una crescita delle attività di ricerca nei prossimi anni?
Certamente la pandemia in corso, con il suo tremendo impatto sulla società in termini di malati, morti e ricadute economiche e sociali, ha messo sotto stress il nostro sistema sanitario, costantemente definanziato negli ultimi anni per ragioni di Bilancio, ed ha fatto riscoprire, alla collettività, l’importanza del settore delle Life Sciences e, più specificatamente, della ricerca e del trasferimento tecnologico, temi costantemente trascurati da tutti i governi di ogni colore, almeno a mia memoria. Nel momento di crisi abbiamo tutti scoperto l’importanza di avere un sistema sul territorio di “medicina di prossimità” efficiente, ospedali attrezzati, in grado di fronteggiare l’emergenza, centri di ricerca in grado di sviluppare un vaccino o una terapia ed aziende in grado di sperimentare rapidamente i trovati e produrre e distribuire i farmaci/vaccini nella quantità necessaria a scongiurare la minaccia.
Sono confidente nel fatto che tutto questo si traduca in una forte spinta, nel prossimo futuro, ad aumentare significativamente gli investimenti pubblici nel nostro settore per colmare quantomeno il gap che ci separa dai Paesi più avanzati d’Europa. Un grosso aiuto, in questo senso, me lo aspetto dalla grande iniziativa Next Generation Europe che dovrebbe riservare ben 209 miliardi di euro al nostro Paese. Molto dipenderà dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, su cui il nostro Governo sta ancora lavorando, non soltanto in termini di definizione delle aree di intervento e allocazione delle risorse ma anche in termini di governance per l’attuazione dell’iniziativa. Le esperienze passate in termini di gestione e spesa di ingenti risorse comunitarie non sono molto incoraggianti ed il rischio di sprecare l’ennesima occasione indubbiamente esiste! Certamente è da cogliere, come segnale molto incoraggiante, l’attenzione del Governo e, più specificatamente, del Ministero della Salute alla tematica del Trasferimento tecnologico che ALISEI e molti dei suoi Associati cercano da anni, con grande fatica, di portare avanti e che, ricordo, rappresenta tuttora il cuore del nostro Piano Operativo pluriennale.