Poche settimane fa, i Soci del Cluster Tecnologico Nazionale di Scienze della Vita l’hanno scelta all’unanimità come Presidente di ALISEI. Quale futuro immagina per questo Cluster?
Alisei deve diventare un grande motore dell’innovazione italiana nel settore delle Scienze della Vita. Deve poi favorire sempre più nuove occasioni di business e di collaborazione tra pubblico e privato. E a questo riguardo, faccio i complimenti agli organizzatori di questa terza edizione del Meet in Italy for Life Sciences che si dimostra sempre più attrattivo con la presenza di 29 paesi e oltre 400 aziende e strutture di ricerca.
La sfida che Alisei dovrà affrontare è riuscire ad affermarsi quale efficace strumento di bilanciamento, equilibrio e coesione delle diverse realtà regionali che compongono il cluster.
Alisei dovrà esprimere quindi l’essenza della sua mission e divenire un vero network: una rete di partenariato tra enti pubblici e privati in grado di diffondere, condividere e valorizzare le eccellenze locali.
L’Italia soffre, anche nel settore delle scienze della vita, di eccessiva frammentazione. Diviene quindi strategico creare delle infrastrutture di ricerca funzionanti perché vestite di un programma capace di aggregare intorno alle leadership che il nostro Paese vanta a livello internazionale. Per fare questo pubblico e privato devono lavorare insieme. Da tempo si parla di questa collaborazione, e i tempi sono ora maturi perché tutti ne comprendiamo l’urgenza e i linguaggi divengono sempre più affini.
Dalla prima riunione della Commissione Direttiva, e soprattutto dall’incontro con tutti i Soci che ho voluto ascoltare con grande attenzione in via preliminare anche in vista della stesura del “nuovo” Piano strategico più snello e più semplice che andremo ad approntare, sono emerse alcune direzioni di marcia da seguire:
- favorire le relazioni tra università e industria;
- potenziare il trasferimento tecnologico e l’avvio di imprese innovative;
- promuovere la crescita di cluster territoriali;
- essere da stimolo all’internazionalizzazione;
- creare condizioni competitive per l’attrazione di capitali;
- e fare opera di formazione e comunicazione.
Dobbiamo tutti insieme individuare le tematiche aggreganti e i temi trasversali capaci di catturare l’interesse di tutti i soci, come ad esempio quello già emerso delle infrastrutture per la ricerca, visto nell’ottica di dare un supporto alle infrastrutture per metterle a disposizione dei ricercatori a un costo inferiore a quello attuale. O quello dei big data, o ancora quello del dottorato industriale, strumento supportato anche dal MIUR da dedicare a professionalità emergenti come quella dei bioinformatici.
Lei è stata Vice-Presidente di Confindustria per la Ricerca & Innovazione. Perché il comparto delle scienze della vita è così fondamentale per far crescere l’Italia?
In Confindustria ho ricoperto per tanti anni il ruolo di Vicepresidente con delega per R&I, e così ho avuto l’opportunità di seguire fin dalla nascita le attività dei Cluster. Ne ho apprezzato da subito l’obiettivo di costruire collaborazioni e relazioni stabili tra imprese, territori e mondo della ricerca pubblica per definire agende condivise di ricerca e sviluppo. Ricordo che il settore delle life sciences in Italia include tre comparti: il biotech (9,4 mld di euro di fatturato, in crescita), la farmaceutica (30 mld, secondi solo alla Germania, con 63.500 addetti altamente qualificati) e il biomedicale (oltre 4mila imprese con 5 mln di fatturato con distretti di eccellenza e centinaia di start-up innovative). Si tratta di settori industriali in grande crescita.
Certo oggi i Cluster, soprattutto Alisei, sono chiamati a un compito ambizioso sia di impostazione strategica sia di realizzazione di grandi progetti.
Questo potrebbe essere davvero l’anno buono per la nostra ricerca. Oggi stiamo vivendo un momento unico, ricco di opportunità: finalmente si percepisce un’attenzione crescente dei policy maker verso le life sciences, un comparto che rappresenta oltre l’11% del PIL italiano e che ha un alto tasso di crescita. Importanti passi avanti per noi sono stati l’approvazione del PNR 2015-2020 (2,5 mld complessivi alla ricerca), il progetto Smart Specialisation Strategy (Agenzia Pubblica per la Coesione Territoriale, Mise, Miur) che pone il tema della “Salute” tra le aree prioritarie di sviluppo per l’Italia, il progetto Fast Track (Ministero della Salute, AIFA e ISS) che definisce una procedura veloce per le valutazioni delle sperimentazioni dei farmaci e dei dispositivi medici, e anche l’ultima legge di stabilità che sta introducendo importanti provvedimenti a favore delle imprese e della ricerca. Insomma, come ripeto da anni alle Istituzioni e agli altri colleghi imprenditori, è fuori di dubbio che in Italia si debbano aumentare gli investimenti in R&I: ma il Governo ci sta finalmente mettendo a disposizione una serie di strumenti che consentono una maggiore flessibilità.
L’Italia ha dinanzi due grandi occasioni nel settore delle life science: la realizzazione del Human Technopole e la possibilità di essere il paese ospitante dell’Agenzia Europea del Farmaco (Ema), la cui sede è attualmente a Londra, ma che dovrà per forza di cose cambiare a seguito della Brexit. Che ruolo può avere il Cluster Alisei a questo riguardo?
Lo Human Technopole è un progetto ambizioso e visionario che, proponendosi come eredità ideale di Expo, vuole mettere l’Italia in prima linea nelle scienze della vita. L’obiettivo di questo grande progetto è quello di costruire un vero hub d’eccellenza in un campo in cui l’Italia vuole e può essere un protagonista globale, grazie alla qualità del suo Sistema Sanitario e alle sue industrie.
Il Governo ha fatto bene a puntare sulle scienze della vita perché questo è il primo settore su cui investire per dare un futuro al Paese e farlo crescere. Pertanto, anche nei confronti di Human Technopole, Alisei dovrà attivare interazioni sinergiche per convogliare le migliori energie del Paese verso un comune obiettivo.
Mi lasci aggiungere che il nostro Cluster deve sempre più attrezzarsi per essere un attore influente a Bruxelles. Sottolineo in particolare la grande opportunità rappresentata dall’Europa sia per il programma Horizon 2020 sia per i tavoli di discussione del nuovo FP9 (Financial Program 9). Il nostro Paese ha tutti i presupposti per competere su scala globale in uno dei settori, le Scienze della Vita, su cui si baserà il futuro del pianeta.
Per quanto riguarda la candidatura di Milano dopo la Brexit come sede dell’EMA (European Medicines Agency), me ne sto occupando in prima persona su incarico di Confindustria, Assolombarda e di tutte le categorie rappresentate in Camera di Commercio.
E’ una grandissima opportunità che il Paese non deve farsi sfuggire, potendo contare in particolare su una grandissima carta da giocare: la presenza, a Parma, dell’Autorità per la sicurezza alimentare. La vicinanza con Milano potrebbe facilitare il coordinamento di due settori che ad esempio negli Stati Uniti, in Cina e in India sono coperti da un unico ente regolatorio. In Italia potrebbe nascere finalmente una “FDA europea” cioè il polo comunitario dedicato alla tutela della sicurezza alimentare, farmaceutica e delle biotecnologie.
Sottolineo che è la stessa Unione Europea che punta a creare il massimo di sinergia tra le sue agenzie. Peraltro l’EMA e l’EFSA già oggi collaborano a distanza, e dunque un loro avvicinamento permetterebbe oltretutto alla UE di ottenere un significativo contenimento dei costi.
Sappiamo che lei presta un’attenzione particolare ai giovani ricercatori. Riusciremo a rendere finalmente l’Italia un Paese per giovani?
I nostri ricercatori sono apprezzati in tutto il mondo ed è giusto che vadano all’estero per formarsi nell’era dell’open innovation. Ma dobbiamo fare di tutto affinché mantengano un legame forte con l’Italia e tornino nel nostro Paese a dare il loro contributo. E’ necessario agire con rapidità riconoscendo ad esempio al ricercatore la peculiarità del ruolo. Riconoscendo al ricercatore il ruolo di soggetto promotore del cambiamento per induzione sarà possibile trattenere le forze migliori che il nostro Paese ha costruito a caro prezzo. Su questo tema il dibattito è molto avanzato e sono addirittura già state formulate diverse proposte concrete. Come in altri settori “tradizionali” le aziende che operano nelle Scienze della Vita già vedono ampliarsi gli orizzonti di nuove aree di business che potranno diventare accessibili e quindi generare profitto solo se affrontate con spirito nuovo e capacità creativa. La ricerca e l’innovazione saranno più che mai fattori propulsivi e fisiologicamente sarà la ricerca l’incubatore che dovrà generare nuove soluzioni in cui impresa e ricercatori potranno identificarsi.